venerdì 26 marzo 2010

Ancora a proposito del mio ombelico

di Giampiero Cordisco

Bene. Oltre al titolo non c’è altro, o meglio: ti proponi di scrivere qualcosa, qualsiasi cosa, perché ci sono frasi che ti sembrano buone e giuste e appropriate e stanno lì, nella tua testa, e non sarà questa la sera in cui le sprecherai. Ma poi accendi il computer, la ciabatta, il monitor esterno, inserisci la password, si accende la ventola di raffreddamento, poi il monitor esterno chissà perché ritorna al nero, quindi premi Fn + F5 una, due, tre volte finché non premi Fn + F5 declamando al contempo una sequenza primordiale di bestemmie – e ci sei. Ti siedi, lanci word, pagina bianca. White out. È tutto svanito – quella nebulosa di frasi monche ma dotate di un loro perché, quegli agglomerati di parole, quei pensieri spezzettati, quei segmenti lessicali. Svaniti. Puff. Vaffanculo.

Ieri leggevo questa frase che suona più o meno così: “Non immaginarti a scrivere: scrivi e basta”. Era in mezzo alle cose che ho dato da tradurre a Giovanna. Ecco: Giovanna – chissà se ha idea di quanto tempo potrà passare fino al passo successivo. Chissà se ha la minima idea di quanto io sia bravo a far stemperare le cose, a renderle fiacche – proprio come me – fino al punto in cui si assottigliano e diventano inservibili. Solitamente lascio le cose a marcire per poi dire che non era mica questa grandissima idea. Il bello è che stavolta non andrà così. Presto sarà allestito sul blog tutto l’ambaradan dal titolo “Se davvero ti sei messo in testa di scrivere (non un altro decalogo)”.

Oggi mi aggancia mia cugina – la cugina di mia madre – dall’Australia. In chat. Mi chiede se sono “journalist or writer”. Ho passato più o meno cinque minuti a pensare a come abbatterla in tre parole, condensando in soggetto + verbo + oggetto tutto il mio autorisentimento per come perdo il mio tempo, sprecando la mia vita, che è unica al pari della vita di tutti (compresi Pippo Franco, Italo Bocchino, i Fichidindia, Policarpo Vasquez), ed è personalmente quello che più riesco ad avvicinare al concetto di “sacro”, scalando il tempo che ho a disposizione prima di dissolvermi in chissà quale aldilà, e insomma passo le mie giornate così, altro che giornalista o scrittore, che se solo avessi la minima disciplina (parola orrenda finché volete, ma è l’unica vera chiave di volta di tutta la faccenda) e non fossi così trasparente e vuoto e così schifosamente pigro di testa e abitudinario e inadeguato e anaffettivo e – non riuscirò mai a chiudere questa frase. Durante queste riflessioni, mentre mi si impone alla bocca dello stomaco un’acidità gastrica ribollente di negatività, mia cugina ha la saggia idea di andarsene offline. Bene così.

Il Pacific Trash Vortex. Mi interessa, non so perché. L’ho scoperto tramite Rufus, che a sua volta l’aveva preso da Federico, e via dicendo. Teoria dell’informazione. Il Pacific Trash Vortex pare che sia un’area di dimensioni gigantesche (le stime più spericolate parlano di tre volte la penisola iberica), nel Pacifico Settentrionale, in cui si accumula tutta la monnezza dell’oceano (cioè la monnezza con cui l’Uomo si presenta all’Oceano), e questo grazie a una corrente sottomarina a vortice. Per la maggior parte si tratta di plastica, che se ne sta lì a marcire nel nulla, e pian piano regredisce alle scomposizioni primarie della materia inorganica (polimeri e macromolecole) che vanno a occupare lo spazio compreso fra il pelo dell’acqua e i dieci-venti metri sottostanti. Ho pensato a quanta poesia possa esserci anche in un processo del genere, ho pensato al ciclo vitale che attraversano gli oggetti inanimati, corrosi dall’oceano, ammassati, spellati dal sole, scomposti, degradati sommariamente nelle loro particelle elementari, che però non sono elementari e questi oggetti senza vita che se ne stanno lì a non fare un cazzo non avranno nemmeno il piacere di ritornare a se stessi in forma unicellulare, no, diverranno dei polimeri. Polimeri, macromolecole, reticolati chimici. C’è poesia in tutto, e questa è poesia per ingegneri. Mi andava di scriverlo, tutto qui.

Anzi no: non è tutto. Su questa cosa della degradazione inorganica successiva ad accumulo e inquinamento massivo ho deciso di farci un breve concept audio (un mini CD di tre pezzi) che è già a un buon punto di lavorazione. Quindi se vorrete tenervi informati sull’argomento, restate sintonizzati.
Sul mio ombelico.
____________________________________
Stampa il post

Nessun commento:

Posta un commento