giovedì 6 maggio 2010

Manodopera

Ho un colloquio di lavoro con me stesso, le mani in bella vista e le unghie pulite, il biglietto da visita giusto per ogni occasione.
"Dicono ci voglia del fegato per fare questa mansione, ma io ho lo stomaco forte. No, gli orari vanno benissimo."
Ho una giacca oscena, la barba sfatta, due occhiaie da maniaco. Giocherello con il tagliacarte, assorto nei miei pensieri.
"Mah... mi sa che anche questa volta torno a casa a mani vuote. Chissà per quanto ancora dovrò restare tagliato fuori... fare di continuo manifestazioni non serve a niente, per quel manipolo di manigoldi al potere siamo solo carne da macello."
Non resisto, le mani mi si irrigidiscono in pugni vuoti d'ogni pacato autocontrollo e piango. Ho voglia di vomitare. Mi infilo due dita in gola ma non esce niente. Provo con tutta la mano ma non c'è verso, e con due mani non ci passo.
"Provo a consolarmi con una sega, una sega a quattro mani."
Non mi tira, non mi trovo attraente, sono un povero disoccupato manesco buono a niente, neanche a farmi vomitare, neanche a farmi una sega.
"Non faccio una sega dalla mattina alla sera."

E invece mi piaccio: il posto da macellaio è mio, part-time ventricolare.
Sarò il mio macellaio di fiducia. E tu?
"Io? Finisco di mangiarmi il fegato e vengo a dare una mano."

(voce fuori campo) "Dacci un taglio, coglione."
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