martedì 18 maggio 2010

Il capro


La sacralità delle mura domestiche. Il baluardo della cultura borghese, il nido dove l'uccello si va a riposare dopo la caccia. Ma se proviamo a digitare "mura domestiche" su qualsiasi motore di ricerca, invece di trovare rimandi alla tranquillità e all'intimità del focolare, compaiono link ad elenchi di stupri e violenze che al loro interno hanno preso atto.
L'uccello forse non aveva poi così tanta voglia di riposare.

Quelle quattro mura difese con i denti dalle pisciate canine da uomini che la notte preferiscono farsi pisciare in bocca. Mai alla luce però. Una sorta di reazione fotofobica accompagna lo scorrere delle ore - e che le tende siano ben tirate! Solo luce artificiale, dunque, per la natura umana.

Oggi piove. Anzi no, oggi pioveva, ha smesso da poco. Non sarà bastato a ripulire questa Roma. Si vede che gli angeli non avevano bevuto abbastanza. E se la purificazione può venire da una pisciata, allora forse quel signore di prima aveva ragione. Il rito è pronto, la catarsi può manifestarsi, l'unico problema è che il capro espiatorio è l'uomo stesso, gravato dei "peccati", che si avvia verso la rupe a dieci chilometri da Gerusalemme. Pennac aveva la vista lunga.

E' un cortocircuito, il serpente che si morde la coda, un percorso che parte dall'uomo e che come assioma per il suo completamento prevede il sacrificio dell'uomo stesso. E con l'elettricità non si scherza! Lo insegnano pure ai bambini, assieme a quella storia degli angeli, e a babbo natale.

Ben vengano quindi le mura domestiche, che più che un nido a questo punto ricordano più una grotta dove il capro si va a nascondere, nella speranza di non fare mai parte del Korbanot.
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