martedì 20 aprile 2010

Romanzo infinito / quarta sequenza


Orbe di Mezzo

Di morte in vita

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E accadde, da che crebbero i figli degli uomini, che in quei tempi nacquero, ad essi, donne belle di aspetto. E gli angeli, figli del cielo, le videro, se ne innamorarono, e dissero fra loro: "Venite, scegliamoci delle donne fra i figli degli uomini e generiamoci dei figli". E disse loro Semeyaza, che era il loro capo: "Io temo che voi non vogliate veramente che ciò sia fatto e che io solo pagherò il fio di questo grande peccato".
Libro dei Vigilanti Ia-6
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Non è più tempo di salvezza. Questo mi annuncia il cielo che ho bruciato alle mie spalle.

Ti ho pregato a lungo in nome degli umani anche se gli uomini non pregano per la salvezza degli angeli. Per chiudere il secondo cerchio di Yantra, Ti ho pregato di concedere la morte alla genia dei senza morte. Ma ormai non Ti sento più.

Vuoi che tutto si ripeta ancora una volta?

Ancora una volta la luce nera li spinge nell’Orbe di Dentro. E ancora una volta i Vigilanti piantano seme di coronio nell’utero delle figlie degli uomini. Le donne della terra partoriscono titani moribondi con la pece negli occhi. Le loro mani affamate strappano la pelle divina che separa e protegge la morte dalla vita. I vivi vedranno i morti guardarli e saranno ciechi per sempre. Nessuna immagine potrà più contenere la soglia. Nessuna icona di morte potrà più invocarti in vita. La giusta fine è solo la fine del patto della creazione. L’uomo fu creato per contenere l’ombra dell’increato.

Troppi sono i morti senza voce nell’Orbe di Dentro. Il cuore della terra è una voragine ripida di corpi che ha ingoiato anche l’ultimo Reincarnatore. Perché tante vite umane strappate come fili d’erba in nome dei nove nomi? Gli altari sono sprofondati nell’abisso ma l’Intento continua a pronunciare il tetragramma del coltello sacro. El, Elohim, Sabaôth, Eliôn, Asher Yeheyeh, Adonai, Jah, JHVH, Shaddai. Da sempre soffiano i tuoi nove nomi per sempre in terra e mai in cielo.

Il sole della settima incarnazione impallidisce e non sento più il tuo fiato, mio Eloha

yá Bahá’u’l-Abhá

arrivi un tempo senza suono che sto dormendo con la faccia affondata nel buio caldo dell’increato e non ti sento ancora fino a quando le tue grandi ali d’acqua si posano lente sul mio petto e bevi il mio respiro lasciandomi vuoto di me il cielo trema al battito delle tue ali per scrollarsi di dosso le stelle io non sono più solo non sono più libero non sono più il mio sangue si prosciuga al tuo respiro il mio cuore fugge altrove

eloka d’meir aneini loka d’meir aneini loka d’meir aneini

mi chiedi di graffiare via il nero della terra per te le mie unghie lo fanno fino a consumarsi i miei denti strappano e strappano ancora il filo d’affanno che cuce i corpi fino a spezzarsi i miei occhi affogano per sempre nel siero della paura mentre ti guardo tirare le mie viscere senza un lamento chiamo il tuo nome di vuoto risuona

eloka d’meir aneini loka d’meir aneini loka d’meir aneini

discendo le scale di sangue del tuo tempio non vedo la luce dei morti sull’altare ti chiamo a me non mi chiami a te mi soffi fuori di te nel freddo di Fuori a urlare muto per sempre perché mi abbandoni mio Eloha

eloka d’meir aneini eloka d’meir aneini eloka d’meir aneini

sorgi davanti a me ora prendimi con te nel sole dei morti che non torna prenditi cura di me che sento le tue spine crescere dentro la mia carne che perdo l’ultima lacrima fuori di te che non sento più niente solo le tue parole antiche trafiggermi le tempie come schegge esplose chiodi lunghi acuminati ferri di amore dannato che mi tormentano per sempre prendimi dentro il lampo dei precipitati dammi riposo sprofondami nel mai nato adesso che il tempo finisce spezza la mia lingua seccata nella notte che partorisci per tua natura spegni il fuoco di ponente che mi acceca fra i tuoi capelli ingoiami dentro di te prenditi cura di me malato da sempre malato del morbo di Dio per sempre

la Ilah Illa Allah Eloha Jahvet

prendimi con te nel mondo di Fuori prima che la falce dell’Intento tagli l’ultima spiga degli abitatori di dentro prendimi dentro bevi la mia preghiera come hai bevuto fuori il mio cuore come io bevo la tua materia nera d’amore amaro senza mai morire come la fiamma di Belial senza mai scaldare

eloka d’meir aneini eloka d’meir aneini eloka d’meir aneini

morire ti prego dentro di te come l’acqua che scorre indietro nel tuo ventre e impasta la tua voce che non posso udire la tua croce che non posso toccare perché non posso attraversare la luce morire dannato di te come tutti i tuoi servi che le mie mani schiacciano strappano spezzano smembrano bruciano affogano divorano e sputano in nome tuo cavano il nero della terra per te promessa della fine non esserci più risveglio per te veglio la porta dell’ultimo viaggio senza ritorno tornando nella vampa che soffia i santi mentre mille volte la chiudo con le mani dei tuoi spiriti immani e la sigillo con le membra nelle tue mani risorte strette le mani insieme alle altre mani strette l’una con l’altra strette alla mia bocca cucita alle tue palpebre cucite

la Ilah Illa Allah Eloha Jahvet

che guardano giù nell’orbita vuota del mondo per affondare le genti del libro nei mari di Abramo sotto di te nelle terre di Enoch le legioni di morti resuscitati al clangore delle lame di Magog che non posso udire così lontano in fondo all’orbe perduto scorticato nel vortice del tuo dirupo dentro l'antro delle bestie di ferro e di fumo che muovono il mondo non sento e non vedo più niente solo la fame della morte che non mi dai e il fuoco che divora il fuoco dell’Intento e la sua luce non è la tua luce e il suo occhio non è il tuo occhio da lui lontano e la morte eterna è solo dentro quella luce e la tua palpebra assente copre la luce al passaggio e il tuo nome è fuori di te e dentro la luce muore la vita e fuori vive la morte così sia per sempre

Nenatteqâh 'eth moserothêymo venashliykhâh

ti prego risorgi Mai detto schiavo del tuo verbo liberami da me Azrai’l.
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